Effetti degli estrogeni a livello del SNC e il loro ruolo nelle funzioni cognitive

Gli estrogeni svolgono un importante ruolo neurotrofico e neuroprotettivo, attraverso molteplici meccanismi, quali la modulazione dell’attività di  neuropeptidi, neurotrasmettitori e neurosteroidi, della crescita neuronale, della plasticità sinaptica, dell’attività mitocondriale, del sistema immunitario cerebrale; inoltre contribuiscono a ridurre l’apoptosi e l’accumulo di b-amiloide, fenomeni implicati nella patogenesi della Malattia di Alzheimer.

Gli estrogeni modulano l’attività neuronale di 3 importanti sistemi cerebrali coinvolti nella cognizione:

  1. Il sistema colinergico del prosencefalo basale
    • Interazione con i recettori muscarinici e nicotinici, che correlano con la memoria di lavoro.
  2. Il sistema dopaminergico
    • indotta dal sistema renina-angiotensina.
  3. Il sistema mitocondriale
    • Studi clinici supportano l’ipotesi di un ruolo dell’estradiolo (E2), nel mantenimento della bioenergetica mitocondriale, proteggendo dal danno il DNA mitocondriale.

Effetti diretti e indiretti della carenza estrogenica sui disturbi della memoria

La carenza estrogenica comporta cambiamenti morfologici e strutturali a livello neuronale, come la riduzione delle spine dendritiche, della densità sinaptica e delle relative connessioni, nonché una riduzione del volume della sostanza grigia. Questi importanti cambiamenti costituiscono la base neurobiologica dell’impairment cognitivo. La carenza estrogenica contribuisce alla perdita di memoria verbale e di lavoro (“working memory”), come dimostrato da studi longitudinali. Anche le funzioni esecutive sembrano sensibili al calo degli estrogeni.

I domini cognitivi maggiormente compromessi in menopausa sono relativi alla memoria di lavoro, alla memoria verbale, all’attenzione, all’apprendimento, che affliggono circa l’11-13 % delle donne. Diversi fattori possono avere un ruolo nel determinare la vulnerabilità all’impairment cognitivo nelle donne in menopausa, ad esempio il livello socio-culturale basso, la vulnerabilità genetica, problemi di salute fisica, una situazione familiare di stress, non avere una vita attiva (lavoro, sport, hobbies).  Alcuni disturbi, come la difficoltà di apprendimento, possono permanere anche negli anni successivi alla menopausa, mentre altri, come la memoria verbale, migliorano negli anni successivi alla transizione menopausale. Pertanto, questi disturbi sono verosimilmente riconducibili alle variazioni ormonali caratteristiche della menopausa e non rappresentano in alcun modo una fase precoce di demenza.

Il ruolo causale dell’E2 nei disturbi mnesici è stato dimostrato da studi preclinici di soppressione dell’attività ovarica, nei quali è stato altresì dimostrato il ripristino delle funzioni mnesiche con la somministrazione di terapia sostitutiva ormonale TOS). Oltre a questo effetto diretto della carenza di E2, i caratteristici sintomi menopausali, anch’essi causati dalla carenza estrogenica, come i sintomi vasomotori, i disturbi del sonno e dell’umore, possono contribuire a determinare in modo indiretto una compromissione delle funzioni mnesiche. Il ruolo dei disturbi del sonno è ancora in fase di approfondimento, ma alcuni studi hanno dimostrato che la deprivazione di sonno è causa di disturbi dell’apprendimento e della memoria verbale (Fig 1).

Fig 1. Ruolo di E2 e dei sintomi menopausali nella compromissione della memoria verbale. Mod. da: Maki PM, et al. Climacteric. 2022.

Una possibile spiegazione del meccanismo che lega sintomi vasomotori, ansia, insonnia, depressione e disturbi cognitivi è relativa al cortisolo. Alcuni studi hanno evidenziato livelli elevati di cortisolo, o un’elevata reattività al cortisolo, successivi agli episodi di vampate di calore e una diminuzione delle performance mnesiche nelle donne con livelli elevati di cortisolo. Gli estrogeni hanno un “effetto tampone” sulla risposta allo stress e sulla produzione di cortisolo, pertanto l’ipoestrogenismo in peri-menopausa potrebbe essere correlato allo sviluppo di disturbi mnesici anche perché viene a mancare l’effetto tampone, rendendo le donne più vulnerabili allo stress.

Il trattamento dei sintomi vasomotori, dei disturbi del sonno e dell’umore, verosimilmente riconducibili alla carenza estrogenica, può quindi migliorare, indirettamente, anche i problemi di impairment cognitivo.  

Fattori di rischio cardiovascolare e cognizione

Il rischio cardiovascolare, inferiore nelle donne in età fertile rispetto agli uomini, aumenta dopo la menopausa per la perdita della protezione degli estrogeni. Nelle donne in post-menopausa, i fattori di rischio cardiovascolare, in particolare la presenza di un BMI elevato, ipertensione e obesità addominale, correlano anche con maggiori disturbi mnesici e maggiore rischio di Malattia di Alzheimer (MA).

Estrogeni e bioenergetica cerebrale

Gli estrogeni svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione del metabolismo cerebrale e nella coordinazione tra metabolismo cerebrale e degli altri distretti corporei. A livello cerebrale esplicano un’importante funzione di regolazione del trasporto glucidico, della glicolisi aerobica, della funzione mitocondriale e della generazione di ATP, come rappresentato nella seguente figura (Fig. 2).

Fig.2. Ipotesi sull’effetto di E2 a livello bioenergetico mitocondriale. Mod. da: Russel JK, et al. Neurotherapeutics. 2019.

La carenza di E2 provoca un ipometabolismo glucidico, che correla con una riduzione della plasticità sinaptica, una concausa di declino cognitivo. Inoltre, si verifica uno shift verso un fenotipo metabolico da aerobico ad anaerobico, che incrementa ulteriormente il rischio di Malattia di Alzheimer. Alcuni studi hanno dimostrato che la disfunzione mitocondriale e il deficit di utilizzo del glucosio possono precedere la comparsa dei sintomi clinici. Secondo alcuni ricercatori la TOS potrebbe avere un effetto favorevole sulla funzione bioenergetica cerebrale: uno studio ha dimostrato che dopo due anni di trattamento, le donne mostravano una significativa riduzione del metabolismo glucidico nella corteccia del cingolato posteriore, un’area cerebrale coinvolta nella fase iniziale del declino cognitivo (Fig.3).

Fig.3- ipotesi di un effetto positivo sulla performance cognitiva nelle donne che iniziano precocemente la TOS.

Estrogeni, sistema immunitario e funzioni cognitive

La maggiore incidenza di MA nelle donne non può essere semplicemente correlata alla maggiore longevità femminile. Secondo alcuni ricercatori questa evidenza clinica non può essere riconducibile solamente al danno neuronale diretto da carenza di estrogeni, bensì ad un’alterazione del sistema immunitario, locale e cerebrale. Gli estrogeni esercitano infatti un’azione antinfiammatoria, e a supporto di questa ipotesi, i dati di letteratura dimostrano che le donne in post-menopausa presentano un incremento delle citochine pro-infiammatorie : IL-1, IL-6, TNF-a. L’infiammazione potrebbe quindi essere implicata nella patogenesi della MA, in qualità di potenziale mediatore. Nelle donne più anziane si riscontrano alterazioni maggiori non solo rispetto alle donne più giovani, bensì anche rispetto ai coetanei di sesso maschile. Secondo alcuni ricercatori, il ruolo dell’infiammazione come concausa nella patogenesi della MA, potrebbe essere, almeno in parte, riconducibile ad un’alterazione della permeabilità della BEE, come evidenziato anche da studi pre-clinici. Tale alterazione permetterebbe il passaggio delle molecole infiammatorie nel tessuto cerebrale. Un effetto delle molecole infiammatorie a livello cerebrale è costituito dall’attivazione dell’asse HPA, cui consegue una maggiore produzione di cortisolo, aumento della pressione arteriosa e stress cronico, fattori predisponenti al declino cognitivo. L’insorgenza di problemi cognitivi è più evidente nelle donne sottoposte a ovariectomia, cui segue una menopausa chirurgica con un calo repentino dei livelli di E2, rispetto alla menopausa fisiologica.

Estrogeni, omeostasi glucidica e funzioni cognitive

Gli estrogeni esplicano una funzione importante nell’omeostasi glucidica e insulinemica, mediata dai recettori ERa, presenti a livello epatico, nelle cellule b-pancreatiche, nel tessuto muscolare e nel tessuto adiposo. La relazione tra estrogeni e diabete è piuttosto complessa. Numerosi studi hanno dimostrato che dopo la menopausa, livelli elevati di estrogeni endogeni correlano con maggiore rischio di diabete e insulino-resistenza. Tuttavia, diversi studi recenti, prospettici, di coorte hanno evidenziato una riduzione di incidenza di diabete nelle donne che assumevano TOS, soprattutto per via orale e per periodi prolungati. Rimane ancora da chiarire se la riduzione del rischio è riconducibile ad un effetto diretto mediato dai recettori ERa delle cellule beta-pancreatiche, oppure ad un effetto indiretto di riduzione dell’obesità. Il diabete correla con un maggiore rischio di compromissione delle funzioni cognitive, mild cognitive impairment (MCI) e MA, in particolare ad insorgenza tardiva, con una progressione più rapida della malattia. L’associazione tra DMT2, iperinsulinismo e rischio di MA, enfatizza l’importanza di identificare nuove strategie per ridurre l’insorgenza di DMT2.

Il fenomeno della “nebbia cognitiva” in menopausa

Con l’espressione “nebbia cognitiva” (“brain fog”) si intende un insieme di sintomi cognitivi che possono associarsi a diverse condizioni cliniche, come le malattie neurodegenerative o la depressione, ma si può riscontrare anche nel “long-Covid”, o durante la transizione menopausale.

I disturbi cognitivi maggiormente lamentati dalle donne durante la transizione menopausale (MT) sono: difficoltà di concentrazione, distraibilità, difficoltà mnesiche, come la memoria di richiamo, e compromissione della memoria prospettica (dimenticanza di appuntamenti o cose da fare in giornata), difficoltà nel multitasking, compromissione delle funzioni esecutive. È importante però non confondere questi sintomi con forme di demenza clinica, che in ogni caso, la maggior parte delle donne non svilupperà.

La predisposizione femminile alla Malattia di Alzheimer

Epidemiologia e fattori di rischio

Le donne presentano un rischio di sviluppare Malattia di Alzheimer (MA) 2-3 volte maggiore rispetto agli uomini. Tale rischio è maggiormente evidente nelle donne sottoposte a menopausa chirurgica.
Dopo i 65 anni, 10 donne/100 sviluppano AD o altre forme di demenza.
La patogenesi è multifattoriale, con aspetti peculiari nelle diverse forme, tuttavia si riconoscono fattori di rischio comuni, identificati dalla Lancet Commission nel 2017 e revisionati nel 2020; di questi alcuni non sono modificabili, ma ben 12 sono invece modificabili con lo stile di vita.

Fattori di rischio non modificabili: età, sesso femminile, fattori genetici, familiarità.

Fattori di rischio modificabili relativi allo stile di vita:

  1. Sedentarietà
  2. Fumo di sigaretta
  3. Eccessivo consumo di alcool
  4. Traumi cranici
  5. Pochi contatti sociali
  6. Scarsa istruzione
  7. Obesità
  8. Ipertensione
  9. Diabete
  10. Depressione
  11. Ipoacusia (rende difficoltose le interazioni sociali e il contatto con l’ambiente)
  12. Inquinamento atmosferico  

Recettori per gli estrogeni e ruolo delle varianti disfunzionali nella demenza

I recettori per gli estrogeni sono ampiamente distribuiti a livello cerebrale, sia neuronale che gliale, in entrambi i sessi. Possono essere di tipo nucleare o associati alle membrane. Le isoforme nucleari principali sono ERa ed ERb e presentano differenze funzionali e di localizzazione. ERb è maggiormente rappresentato a livello dell’ippocampo, della corteccia, del Locus Ceruleus, della Sostanza Nera e dei nuclei del Rafe, mentre ERa è localizzato principalmente nel mesencefalo e nel grigio periacqueduttale. Il ruolo di questi sottotipi recettoriali nella MA è ancora in fase di studio. Le evidenze di letteratura dimostrano che numero e responsività agli estrogeni diminuisce con l’età, inoltre, alcuni studi clinici hanno dimostrato una relazione lineare tra punteggio MMSE e densità di questi recettori a livello della corteccia frontale dei soggetti con MA. In particolare si osserva una deplezione con diminuzione della responsività dei recettori di tipo ERa nei soggetti con declino cognitivo o MA. Nonostante i recettori di tipo ERb mantengano una buona  responsività, non sono in grado di compensare la deplezione degli ERa. Inoltre, con l’invecchiamento, si assiste alla comparsa di varianti disfunzionali di recettori per gli estrogeni. Questi polimorfismi disfunzionali sono più evidenti nelle donne.

Estrogeni, metabolismo lipidico e rischio di malattia di Alzheimer

L’impatto metabolico negativo della menopausa è verosimilmente riconducibile ad una disregolazione dei recettori ER a livello del tessuto adiposo.
Gli estrogeni svolgono un ruolo cruciale nella distribuzione del tessuto adiposo, nell’obesità, nel diabete e nell’insulino-resistenza, esercitando un effetto sulle concentrazioni della leptina, della ghrelina, dell’adiponectina. La perdita di estrogeni in menopausa comporta cambiamenti importanti a livello metabolico, che possono aumentare il rischio di Malattia di Alzheimer, come si evince dalla seguente tabella. (Tab 1)

Tab. 1 Estrogeni, metabolismo lipidico e rischio di Malattia di Alzheimer. Mod. da: Rettberg JR, et al. Front Neuroendocrinol. 2014.

Come mantenere la salute cognitiva

La presenza di disturbi mnesici dopo la menopausa, specie in presenza di familiarità, rappresenta spesso un motivo di preoccupazione nelle donne, che vanno sempre rassicurate dal momento che questo non rappresenta in ogni caso la certezza di sviluppo di MA o altri tipi di demenza.

Si può tuttavia incoraggiare ad uno stile di vita atto a ridurre i fattori di rischio modificabili e ritardare o prevenire (fino al 40%), l’insorgenza di demenza. Oltre a seguire un’alimentazione equilibrata, che consenta di mantenere il normopeso, è importante mantenersi impegnati, sia nelle interazioni sociali, sia allenando la mente all’attenzione e alla concentrazione (“brain training”), specie al cessare dell’attività lavorativa, mediante la lettura o lo studio, ascoltando musica, o praticando hobbies; il tempo libero non deve diventare “tempo vuoto”, è bene sempre avere un’agenda con attività pianificate. È di estrema importanza svolgere attività cognitivamente stimolanti per non depauperare la riserva cognitiva e promuovere la neuroplasticità; il cervello deve essere usato come un muscolo: “use it or loose it!”. Nella seguente figura è illustrato uno schema utile come base di counselling, che deve essere ad ogni modo personalizzato (Fig 4).

Fig. 4: Mantenere la salute cognitiva anche in età avanzata. Mod da: Maki PM, et al. Climacteric 2022.

TOS e cognizione: a che punto siamo?

Gli studi in merito sono numerosi, tuttavia i risultati sono contraddittori. Questa mancanza di concordanza tra risultati degli studi osservazionali e interventistici, potrebbe essere dovuta a diversi bias nella selezione delle donne incluse negli studi osservazionali, come ad esempio il tipo di composto utilizzato e l’età di inizio del trattamento. Sembra tuttavia confermato che, anche per l’efficacia sui disturbi cognitivi, sia valida l’ipotesi dell’inizio precoce del trattamento (window of opportunity”). Alcuni ricercatori sostengono che l’assunzione di TOS possa ritardare l’esordio della MA, mentre alcuni studi condotti con la PET supportano l’ipotesi che la TOS possa modulare la bioenergetica e il metabolismo del glucosio cerebrale, mantenendo l’integrità delle funzioni cognitive e ritardando l’eventuale insorgenza di MA. Uno studio in doppio cieco, randomizzato verso placebo, condotto in un gruppo di donne di 45-55 anni, della durata di 3 mesi, ha evidenziato una migliore performance mnesica nelle donne in trattamento con estrogeno o progesterone rispetto al placebo.  Alla fRMN, l’estradiolo produceva un’attivazione della corteccia prefrontale sinistra, area cerebrale sede della processazione e decodificazione verbale, mentre il progesterone attivava la corteccia prefrontale sinistra, con conseguente migliore performance nella working memory, oltre all’ippocampo destro durante compiti di memoria visiva.

La TOS, somministrata all’interno della “window of opportunitya dosi e regime personalizzato, può ridurre l’incidenza di demenza, anche riducendo alcuni fattori di rischio e aumentando alcuni fattori protettivi, tuttavia occorre sempre ricordare che l’assunzione della TOS non è indicata al solo scopo di prevenire o curare la demenza.

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Numero di lavoro: THX_IT_IT_19686_v1