Le alterazioni metaboliche dopo la menopausa
Questo argomento tratta di:
diabete Menopausa. metabolismo Obesità rischio cardiovascolareSpeciale Menopausa
Caratteristiche fisiopatologiche, cliniche e linee di indirizzo dei trattamenti
Premessa
L’ubiquità dei recettori degli estrogeni nell’organismo e il loro coinvolgimento nell’omeostasi di diversi tessuti e organi, è tale per cui la carenza ormonale in menopausa induce un riassetto a livello cellulare e d’organo, con conseguenti ripercussioni sistemiche, come rappresentato nel seguente schema:
Tratto da: Maffei S, et al. Bollettino di ginecologia endocrinologica. 2107.
La transizione menopausale si associa ad importanti alterazioni del profilo metabolico dei carboidrati e dei lipidi, con incremento del rischio cardiovascolare e metabolico. Sono di comune riscontro dislipidemia, intolleranza glucidica, iperinsulinemia e sindrome metabolica. Queste alterazioni correlano con un maggiore rischio cardiovascolare, obesità e diabete di tipo 2 (DMT2).
Alterazione del metabolismo dei carboidrati e rischio diabetogeno
Durante la transizione menopausale si osserva un incremento del rischio diabetogeno, che è bene monitorare. Alcuni sintomi molto comuni in peri-postmenopausa, come variazioni di peso (aumento o diminuzione), frequenti infiammazioni delle vie urinarie, debolezza, irritabilità, aumento dell’appetito, disturbi sessuali, potrebbero rappresentare sintomi di esordio di una forma di diabete non-insulino-dipendente (DMT2), pertanto non devono essere sottovalutati.
In post-menopausa, si riconoscono fattori di rischio diabetogeno di tipo endocrino, rappresentati dalla riduzione dei livelli di E2, che riducono la sensibilità all’insulina e aumentano del 47% il rischio di DMT2, come evidenziato dallo studio SWAN, dall’alterazione del metabolismo del calcio e della vitamina D, da bassi livelli di SHBG e di testosterone libero. Alcuni studi hanno dimostrato una correlazione positiva tra i livelli di testosterone e la sensibilità all’insulina: livelli ormonali bassi correlano con un aumento dell’insulino-resistenza.
I fattori di rischio modificabili di DMT2, correlati allo stile di vita, sono invece costituiti dalla sedentarietà, dal fumo, dall’eccessivo consumo di alcolici, da un’alimentazione ricca di grassi e zuccheri.
Infine, alcuni studi clinici dimostrano una correlazione tra sintomi vasomotori, insulino-resistenza e DMT2. Alcuni studi condotti sulla correlazione tra durata del periodo fertile (tempo che intercorre tra menarca e ultima mestruazione) e diabete, hanno evidenziato che le donne con una minore durata del periodo fertile sono a maggiore rischio di DMT2. Studi condotti sulla correlazione tra DMT2 ed età menopausale, hanno di contro evidenziato che le donne con DMT2 raggiugono la menopausa più precocemente, ma nel caso di insorgenza del diabete dopo i 50 anni, la menopausa è più tardiva.
I dati di letteratura indicano che l’assunzione di HRT riduce significativamente la glicemia a digiuno, l’insulino-resistenza e l’emoglobina glicata (HbA1c). Il rischio di DMT2 si riduce in questo modo del 20-30% circa.
Alterazione dell’assetto lipidico e rischio cardiovascolare
La carenza di estrogeni modifica in senso aterogeno il metabolismo lipoproteico. L’aumento del colesterolo LDL, dei trigliceridi e le modificazioni dei livelli circolanti del colesterolo HDL, sono maggiori durante la peri-menopausa rispetto alla post-menopausa, mentre l’aumento della pressione arteriosa e della glicemia a digiuno sono maggiori nella post-menopausa. La ridotta estrogenizzazione dei tessuti comporta una riduzione dei recettori periferici per le LDL ed una conseguente loro maggiore produzione, mentre la diminuzione delle HDL non è solo quantitativa, ma anche funzionale, ovvero diminuisce la capacità anti-aterogena delle HDL. Questi fattori accelerano il processo di aterosclerosi. In Italia la percentuale di donne tra 35 e 64 anni con colesterolo elevato, tra 200 mg/dl e 300 mg/dl, si aggira intorno al 60-70%, e quella di donne con valori superiori a 300 mg/dl è di circa 3-5%. Il legame tra profilo lipidico in post-menopausa e rischio cardiovascolare è rappresentato nel seguente schema:
Tratto da: Maffei S, et al. Bollettino di ginecologia endocrinologica. 2107.
In generale, la post-menopausa si associa ad un aumento dei radicali liberi circolanti, cui consegue uno stato pro-infiammatorio con tendenza all’ipercoagulabilità. La peri-menopausa e la post-menopausa sono spesso associati a dislipidemia, infiammazione, e ad un incremento dello stress ossidativo. Questi fattori, nell’insieme, espongono le donne ad un incremento del rischio cardiovascolare. Ricordiamo inoltre, che le donne che soffrono di sintomi vasomotori sono a maggiore rischio cardiovascolare.
L’HRT riduce i livelli di colesterolo totale e in particolare HDL, effetto che, unito a quello favorevole sul metabolismo glucidico, riduce il rischio cardiovascolare in post-menopausa.
L’obesità in menopausa
Durante la transizione menopausale molte donne tendono ad aumentare di peso, specie a livello viscerale (obesità androide), e a perdere massa magra (sarcopenia). Non è ben chiaro se ciò sia dovuto alla menopausa in sé, o semplicemente all’avanzare dell’età, o ad entrambi i fattori. In ogni caso, l’aumento della massa grassa viscerale ha un impatto negativo importante sul rischio cardiovascolare e metabolico peggiora con la carenza di estrogeni. Gli estrogeni svolgono una importante funzione di controllo della distribuzione del grasso corporeo, con rilevanti differenze di genere, mentre nel genere femminile si osservano differenze tra pre e post-menopausa. Nel periodo fertile, gli estrogeni inducono un aumento della massa grassa sottocutanea, mentre la carenza estrogenica determina un accumulo di grasso viscerale. Le cellule adipose intra-addominali producono diverse sostanze che incrementano la risposta infiammatoria e l’insulino-resistenza. L’insulino-resistenza è riconducibile a diversi fattori, quali un aumento della produzione di citochine pro-infiammatorie, della circolazione di acidi grassi, della generazione di ROS. Studi sperimentali suggeriscono inoltre che la diminuzione della concentrazione di estradiolo (E2), unitamente alla riduzione dell’attività dei recettori ERα, può determinare insulino-resistenza nei tessuti periferici. Le adipochine, molecole che includono leptina, adiponectina, Gh-relina, sono direttamente sintetizzate dalle cellule adipose; controllano l’appetito, il bilancio energetico e la sensibilità insulinica attraverso meccanismi endocrini, mentre modulano il numero e la grandezza degli adipociti e l’angiogenesi attraverso meccanismi paracrini. Le adipochine esercitano un ruolo fondamentale nel controllo della massa grassa e un ruolo comunque importante nel controllo della pressione, del metabolismo delle lipoproteine, dell’infiammazione e della risposta immunitaria. In post-menopausa, i livelli di leptina sono molto elevati, mentre i livelli di adiponectina sono molto bassi: questo assetto, verosimilmente riconducibile alla carenza estrogenica, correla positivamente con i marker di resistenza insulinica. Studi recenti hanno dimostrato come gli adipociti secernano una particolare molecola avente effetti di tipo ormonale, denominata “resistina” (da “resistenza all’insulina”). I livelli di questo ormone sono costantemente aumentati nell’obesità. L’obesità rappresenta un importante fattore di rischio di DMT2, in quanto determina un aumento dell’insulino-resistenza. Studi osservazionali hanno dimostrato che nelle donne in post-menopausa, il rapporto vita-fianchi aumenta e correla con un’aumentata produzione endogena di estrogeni da parte del tessuto adiposo e una diminuzione di FSH, fenomeno che non si osserva prima della menopausa. Il tessuto adiposo sopprime inoltre le SHBG, marker indipendente di intolleranza glucidica/iperglicemia a digiuno. L’HRT ha dimostrato di diminuire il tessuto adiposo viscerale, la glicemia a digiuno e l’iperinsulinismo.
La sindrome metabolica in post-menopausa
Dopo la menopausa le donne hanno una probabilità di diventare obese e sviluppare sindrome metabolica tre volte maggiore rispetto alle donne in età fertile.
La sindrome metabolica è caratterizzata dalla contemporanea presenza di almeno tre alterazioni metaboliche/emodinamiche, che rappresentano un fattore di rischio per l’insorgenza di malattie cardiovascolari e tumori.
Tali alterazioni sono:
- Ipertensione (>140/90)
- Dislipidemia (trigliceridi >250 mg/dl; elevati valori di colesterolo, HDL<di 40 mg/dl nell’uomo e <50 mg/dl nella donna)
- Elevati livelli di glicemia a digiuno/aumento della resistenza insulinica
- Sovrappeso/ obesità viscerale/ alterazione del rapporto vita/fianchi
La prevalenza della sindrome metabolica aumenta drasticamente nella post-menopausa, passando da 14% in pre-menopausa a 30-70% dopo la menopausa. Uno dei principali fattori di rischio di S. metabolica è la menopausa stessa, che comporta le alterazioni metaboliche sopra descritte.
L’aumento relativo del clima androgenico, dovuto al cambiamento nel rapporto fra testosterone ed estradiolo, è stato associato ad un aumento del rischio di sindrome metabolica, suggerendo che l’interazione tra testosterone ed estradiolo, piuttosto che i livelli assoluti di entrambi, possono essere alla base del rischio di sindrome metabolica osservato durante la menopausa. Altri fattori di rischio della sindrome metabolica in post-menopausa sono l’aumento di peso (soprattutto del grasso addominale), l’aumento di colesterolo e trigliceridi, un menarca precoce (prima dei 10 anni), o tardivo (dopo i 16 anni). La Sindrome Metabolica incide negativamente sulla qualità e sull’aspettativa di vita, ma anche sulla sessualità, sia in pre- che in post-menopausa, è quindi fondamentale cercare di riportare i parametri metabolici nei limiti della norma, non solo correggendo lo stile di vita, ma anche con un eventuale ricorso alla terapia ormonale sostitutiva.
L’HRT aumenta i livelli di leptina e resistina, mentre riduce i livelli di Gh-relina. La via transdermica si è dimostrata particolarmente efficace.
Conclusioni
La transizione menopausale si associa ad alterazioni metaboliche che aumentano il rischio cardiovascolare e di DMT2. Sicuramente le donne devono essere incoraggiate ad abbandonare il fumo, l’eccesso di alcool, la vita sedentaria e ad adottare uno stile di vita sano.
L’HRT ha dimostrato negli studi clinici un effetto favorevole sull’omeostasi glucidica, anche con DMT2. Inoltre, favoriscono la riduzione dell’accumulo di grasso viscerale ed esercitano un effetto favorevole sul profilo lipidico nelle donne in post-menopausa, riducendo nel complesso il rischio cardiovascolare.
Bibliografia
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