Il disagio emotivo in peri-postmenopausa

Molte donne in menopausa lamentano diversi disturbi relativi alla sfera emozionale, non sempre inquadrabili nella nosografia del DSM-5 o dell’ICD-11 e per i quali in passato è stato coniato il termine “distress psicologico menopausale” o anche “Reproductive Mood Disorder”, insieme al disturbo disforico premestruale (PMDD) e alla depressione puerperale. I sintomi da “distress psicologico menopausale” includono tensione, irritabilità, insonnia, nervosismo, sintomi depressivi, disturbi della sfera sessuale. Questi sintomi possono considerarsi il risultato della complessa interazione tra diversi fattori: eventi stressanti (stressful life events), capacità di coping in riposta allo stress, fattori endocrini, come l’alterazione dell’asse HPA e la riduzione della sensibilità al cortisolo, fattori neuroendocrini, come la ridotta concentrazione di neurosteroidi (ALLO), patologie croniche, fattori psicosociali e tratti di personalità.

Eziopatogenesi multifattoriale della depressione durante la transizione menopausale

Dagli studi epidemiologici si evince che la depressione in peri-post-menopausa è presente nel 45-68% delle donne. Inoltre, si è osservata una certa predisposizione allo sviluppo di sintomi depressivi nelle donne che ne avevano già sofferto durante la vita fertile, come il disturbo disforico premestruale (PMDD) o la depressione puerperale. Diversi studi hanno identificato in modo concorde alcuni fattori di rischio di sviluppo di depressione durante la transizione menopausale, di tipo biologico (fattori endocrini), di salute fisica (patologie croniche, sintomi da carenza estrogenica, fattori psicosociali e familiari (Fig. 1).

Tra i fattori psicosociali sono di rilievo lo stato coniugale, con una maggiore vulnerabilità delle vedove, divorziate, single, avere pochi contatti sociali, problemi familiari, difficoltà economiche, avere un tratto di personalità incline al pessimismo e alla ruminazione di pensieri negativi. Anche lo stile di vita, come una vita sedentaria, il fumo e abitudini scorrette nell’alimentazione o nell’igiene del sonno, possono concorrere nel determinismo della depressione perimenopausale.

Fig 1. I fattori implicati nella patogenesi della depressione durante la transizione perimenopausale. Mod. da: Bromberger JT, et al. Obstet Gynecol Clin North Am. 2018.

Disturbi dell’umore e ruolo degli estrogeni

Le donne sono più vulnerabili ai disturbi dell’umore in tutto l’arco della vita rispetto agli uomini, in un rapporto di 2-3:1. Il ruolo dell’E2 sulla regolazione del tono dell’umore è materia complessa e sotto alcuni aspetti ancora non completamente chiara.  Alcuni studi condotti in donne in peri-menopausa hanno dimostrato che la sospensione del trattamento con TOS, nelle donne che avevano sofferto di depressione in precedenza, comportava una ricomparsa di sintomi depressivi. Studi preclinici hanno dimostrato l’importanza dell’azione modulatoria di E2 e dei neurosteroidi (ALLO) sul sistema serotoninergico, implicato nella regolazione del tono dell’umore, e sull’asse HPA implicato nella risposta allo stress mediata dal cortisolo. Inoltre, gli estrogeni possono influire sui processi cognitivi che caratterizzano la depressione, come la memoria e la concentrazione, mediati dall’interazione con il sistema colinergico a livello ippocampale e prefrontale, mentre rinforzano il tono serotoninergico sia a livello della corteccia prefrontale che e del cingolo anteriore. Queste aree svolgono un importante ruolo sul tono dell’umore, sulle funzioni esecutive e sulla flessibilità cognitiva. L’azione degli estrogeni sul tono dell’umore è mediata inoltre dalla plasticità neuronale a livello ippocampale. Studi preclinici hanno dimostrato che le concentrazioni di BDNF (Brain Derived Neurotrophic Factor), a livello ippocampale e del prosencefalo, diminuiscono dopo ovariectomia e aumentano nuovamente con la somministrazione di estradiolo. Gli estrogeni non aumentano il numero di sinapsi, ma ne mantengono vivace l’attività ed esplicano un’azione protettiva nei confronti dell’eccesso di cortisolo. La densità dei recettori per gli estrogeni a livello ippocampale risponde in modo dinamico al livello estrogenico, ad esempio le spine dendritiche aumentano in caso di abbassamento dei livelli di estrogeno, e si ipotizza che un deficit di questa alterazione possa contribuire a determinare una maggiore vulnerabilità ai disturbi dell’umore.

Disturbi del sonno e ruolo degli estrogeni

L’efficienza del sonno diminuisce con l’età, con una progressiva diminuzione del sonno profondo (a onde lente) e della durata complessiva del sonno. Il sonno viene percepito come non ristoratore e spesso compare sonnolenza diurna, con conseguente compromissione della qualità di vita. L’incidenza dei disturbi del sonno nelle donne in peri-menopausa è piuttosto elevata (40-60%), tra questi il più frequente è l’insonnia, a seguire altri come la sindrome delle gambe senza riposo e la sindrome delle apnee ostruttive.

L’insonnia aumenta già durante la transizione menopausale e correla spesso con i sintomi vasomotori, suggerendo un ruolo della carenza estrogenica. Nella prima parte della notte, caratterizzata da sonno profondo, le vampate precedono i risvegli, mentre nella seconda parte della notte, caratterizzata maggiormente da sonno REM, le vampate compaiono successivamente ai risvegli. Durante la fase REM, la responsività termoregolatoria è diminuita o addirittura assente e questo potrebbe spiegare perché le vampate non provocano risvegli nella seconda parte della notte. Il sonno REM è controllato dal sistema colinergico a livello del prosencefalo basale e dei nuclei del ponte, a sua volta modulato da E2. Gli effetti dell’E2 sull’architettura del sonno sono complessi ed è difficile separare gli effetti della carenza estrogenica dall’invecchiamento fisiologico.

I disturbi del sonno in menopausa riconoscono pertanto una eziopatogenesi multifattoriale, come rappresentato nella seguente figura (Fig 2).

Fig. 2. Patogenesi multifattoriale dei disturbi del sonno durante la transizione menopausale.
Mod. da: Baker FC, et al. Sleep Med Clin. 2018. (PLMD: disturbo da movimenti periodici degli arti;
RLS: sindrome delle gambe senza riposo; SDB: disturbo respiratorio durante il sonno)

Insonnia, depressione e cambiamenti del milieu ormonale in menopausa: una complessa relazione di vulnerabilità reciproca

Gli studi condotti con l’obiettivo di dimostrare una relazione diretta tra depressione e livelli ormonali non hanno dato risultati univoci, tuttavia è noto come insonnia e depressione siano connesse da una relazione di vunerabilità reciproca, in cui l’insonnia può rappresentare il sintomo prodromico dell’episodio depressivo e ne favorisce l’insorgenza, ma del resto la depressione è caratterizzata da un’alterazione dell’architettura del sonno, provocando risvegli notturni, diminuzione del sonno profondo, risveglio precoce e diminuzione dell’efficienza del sonno (Fig 3).  Poiché le evidenze di letteratura hanno dimostrato un effetto protettivo dell’E2 sul sonno, è possibile che una sua carenza possa avere un effetto indiretto, mediato dall’insonnia, sul tono dell’umore.

Fig. 3. La relazione tra sonno e vulnerabilità alla depressione mediata dagli ormoni sessuali femminili.

Sonno, depressione e vampate: esiste un effetto domino?

La qualità del sonno è un importanze anello di congiunzione tra sintomi vasomotori e vulnerabilità alla depressione. Tuttavia questa complessa relazione non è ancora stata del tutto chiarita. Secondo l’ipotesi dell’”effetto domino”, le vampate, causate dalla carenza estrogenica, sono responsabili di un sonno disturbato, che a sua volta favorisce lo sviluppo di depressione. In realtà non è esattamente così, sebbene questi tre sintomi siano presenti spesso in comorbidità. Dati di letteratura dimostrano una relazione bidirezionale tra sintomi vasomotori e sonno disturbato, così come è stata dimostrata una relazione bidirezionale tra sonno e depressione, ma non un vero e proprio “effetto domino”. Inoltre occorre tenere sempre presente il ruolo svolto dalla vulnerabilità individuale, dalla presenza di disturbi d’ansia e dal contesto familiare e sociale.

Trattamento dei disturbi del sonno e dell’umore della transizione menopausale

Il trattamento di elezione a breve termine dell’insonnia (fino a 4 settimane), è rappresentato dalle benzodiazepine, possibilmente a breve-media emivita, specie se l’insonnia è associata ad ansia. Tuttavia, è bene incoraggiare cambiamenti dello stile di vita e trattamenti non farmacologici per evitare la cronicizzazione del disturbo e la dipendenza dai farmaci.
A questo proposito, ricordiamo in sintesi le Linee Guida AIMS (Associazione Italiana Medicina del Sonno) sui disturbi del sonno e dell’umore in menopausa, nell’ultima revisione del 2020:

  • La terapia ormonale sostitutiva (TOS) migliora, oltre ai sintomi vasomotori, anche l’insonnia e il tono dell’umore;
  • Gli inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SSRIs e SNRIs) e la mirtazapina, possono migliorare l’insonnia, eventualmente in associazione conn la TOS;
  • L’insonnia può essere migliorata stabilmente anche con strategie non farmacologiche, come tecniche cognitivo-comportamentali e l’attività fisica.

Counselling e stile di vita

Spieghiamo alle donne che un buon sonno è determinante per la qualità della vita diurna e ricordiamo loro le regole di igiene del sonno, eventualmente con un opuscolo da consegnare:

  1. Fare attività fisica/sportiva, ma terminare entro 3 ore prima di andare a letto.
  2. Fare una cena leggera e terminare il pasto 2-3 ore prima di coricarsi, specie se si soffre di disturbi digestivi.
  3. Andare a letto soltanto se si ha veramente sonno. Più si cerca di prendere sonno e più aumenta il livello di arousal e si ritarda l’addormentamento.
  4. Associare il letto unicamente al sonno (non guardare la TV, lavorare al PC, mangiare).
  5. Mantenere una temperatura non troppo elevata nella camera da letto.
  6. Creare una propria routine pre-addormentamento (es. indossare il pigiama, fissare la sveglia, lavare i denti, leggere qualche pagina di un libro distensivo).
  7. Mantenere orari di addormentamento e risveglio regolari, anche nei giorni festivi.
  8. Evitare sonnellini diurni. Il sonnellino riduce la propensione serale verso il sonno.
  9. Non assumere alcolici nelle 2-3 ore precedenti il sonno. L’alcool disturba l’architettura del sonno causando risvegli notturni e agitazione.
  10. Evitare l’assunzione di sostanze eccitanti 6 ore prima di andare a dormire (coca cola, thè, caffè, cioccolata).
  11. Non bere troppi liquidi prima di andare a dormire. Può innescare risvegli notturni per lo stimolo a urinare.
  12. Smettere di fumare (il fumo aumenta l’attivazione, specie di sera).
  13. Non abusare di farmaci ipnoinducenti.

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Numero di lavoro: THX_IT_IT_19686_v1